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CHI CERCA TROVA: LA RICERCA DI QUALCOSA CHE ABBIAMO MA NON SAPPIAMO VEDERE.

CHI CERCA TROVA:
LA RICERCA DI QUALCOSA CHE ABBIAMO MA NON SAPPIAMO VEDERE.
L'esperienza seppur breve di un aspirante consulente immobiliare.

Con un titolo così particolare immagino che molte delle persone che si appresteranno a leggere questo articolo rimarranno non poco disorientate e quindi desidero fungere da "navigatore" e rimetterli in carreggiata procedendo a fare una breve introduzione che illustrerà quello che voglio trasmettere attraverso questo scritto.

Da gennaio ho intrapreso una nuova carriera lavorativa che mi ha permesso in poco tempo di notare giorno dopo giorno alcune sfaccettature dell'essere umano. Occupandomi di quella che è la ricerca di immobili sul territorio che mi è stato assegnato, il mio principale "compito" quotidiano è quello di parlare con le persone. Ebbene si può sembrare strano per chi svolge lavori più "pratici" e concreti eppure il lavoro del venditore di case non potrebbe esistere senza la ricerca di informazioni. Quest'ultime si possono ottenere in molti modi, ma sicuramente il principale è quello basato sul dialogo con chiunque si incontra "sulla strada". 

Ora però voi potreste essere ancora più confusi di prima. Infatti manca una precisazione importante che vi spiegherà il perché ho deciso di scrivere qualcosa che ha un nesso con questa mia breve esperienza.

Circa un anno fa, scrissi un articolo per raccontare l'esperienza da poco vissuta nella quale mi recai a Okinawa per un viaggio che aveva come scopo principale quello di studiare l'arte marziale che pratico dal 2012: il karate. Vi invito a leggerlo se ancora non l'avete fatto:


Oggi però non voglio parlare di arti marziali ma l'articolo in questione trattava anche un tema che è quello che mi consente di costruire un ponte immaginario che collega la mia esperienza lavorativa del 2020 con il tempo passato in terra giapponese nel 2019.

Il tema è quello riguardante la cortesia e l'apertura delle persone nei confronti dell'estraneo. 
Ho deciso di scrivere questo articolo perché questa nuova esperienza lavorativa e in parte anche la precedente, mi hanno permesso di riconsiderare alcune parole che scrissi nell'articolo, di cui vi ho lasciato il collegamento. Nell'articolo, descrivevo le differenze che notai tra le persone che incontrai a Okinawa rispetto a quelle che incontro quotidianamente in Italia, in particolare il modo in cui  queste persone sconosciute mi aiutarono nonostante le diversità culturali e linguistiche che ci separavano. 

Rimasi piacevolmente sorpreso da questo modo cortese, di trattare l'estraneo, con il quale venni trattato da praticamente ogni persona che incontrai in quei pochi giorni lontano da casa. Scrissi inoltre di come invece in Italia trovavo molta più diffidenza e meno gentilezza nonostante io sia italiano. Non intendo con questo scritto andare a mettere in discussione o smentire quello che ho provato e successivamente "messo su carta (digitale)" l'anno scorso, ma semplicemente andare ad arricchire aggiornando le sensazioni e le percezioni riguardanti questo tema. 

Sono una persona aperta e che non crede di poter raggiungere un punto dal quale non ci si possa o debba muovere perché sono convinto che ci sia sempre da imparare, cambiando e migliorando e quindi voglio brevemente raccontarvi cosa ho capito in questo anno di tempo passato in Italia, la mia terra nativa, e che il lavoro mi ha aiutato a comprendere meglio. 






Come vi dicevo inizialmente il mio attuale lavoro mi sta portando a vincere quello che ho notato essere uno dei più grossi problemi dell'attuale società e che riguarda molto da vicino le generazioni più giovani ma che ha creato conseguenze in tutte le fasce di età: viviamo nell'era dell'informazione a portata di "click", delle possibilità di comunicare con chiunque a prescindere da dove ci si trovi e a quale cultura si appartenga eppure c'è qualcosa che girando per le strade, entrando nei negozi, prendendo i mezzi pubblici e osservando famiglie, coppie e amici si nota facilmente essere assente: LA COMUNICAZIONE.

ASSURDO!

Eccovi un cortometraggio che fa capire molto bene quanto questo problema sia attuale.


Oggi abbiamo tanti mezzi che dovrebbero facilitare la comunicazione tra le persone ma basta guardarsi attorno per renderci conto che non siamo più abituati a comunicare. La mia generazione, i nati negli anni 90', è stata segnata dall'incremento dell'utilizzo dei mezzi tecnologici e mi sento pienamente dentro a questo sbagliato modo di vivere che ha condizionato le relazioni nel mondo. Dagli anni novanta in poi i giovani sono cresciuti con telefonini in mano, videogiochi e televisione come principali compagni nei pomeriggi che seguivano le ore scolastiche e questo non ha fatto altro che creare filtri attraverso i quali comunicano con gli altri. 

Si è persa la capacità di chiedere informazioni per strada, si è persa la buona abitudine di salutare chiunque si incontra, si è sviluppata una forma di rifiuto nei confronti delle telefonate che fanno paura perché ci si deve mettere in gioco utilizzando la propria voce. Molto più facile è scrivere un messaggio che spesso e volentieri è facile mal interpretare. Questo modo di (non) comunicare ha creato persone sempre più isolate, immerse nei propri pensieri e completamente assorbite dalla tecnologia, nella quale si rifugiano per restare apparentemente tranquilli e sicuri di sé stessi. 

Questa situazione in aggiunta a tanti altri problemi che riguardano i nostri tempi hanno portato anche le persone adulte a evitare di coinvolgere i giovani e a chiudersi a loro volta al mondo esterno. Mi sono spesso lamentato del fatto che per strada non ricevo il ricambio di un saluto quando incontro qualcuno ed effettivamente c'è molta gente che per paura o maleducazione non saluta. Mi sono anche spesso e volentieri imbattuto in persone che quando interpellate per avere un'indicazione, rispondono a fatica e in malo modo però ho anche capito che non è giusto "fare di tutta un'erba un fascio". 

Come in tutte le cose ci sono lati positivi e lati negativi, ci sono persone buone e persone cattive, c'è il bianco e il nero ma ci sono anche tante sfumature differenti e colori bellissimi da scoprire. Attraverso le mie ultime esperienze lavorative che mi hanno portato e mi portano quotidianamente a contatto con le persone ho avuto modo di constatare che conta molto come ognuno di noi si pone nei confronti degli altri e ancora più importante è il prendere l'iniziativa. 

Ho capito che le persone in realtà oggi hanno piacere e necessità di parlare con qualcuno però non lo fanno per svariati motivi: hanno paura, sono diffidenti, credono di infastidire gli altri, sono talmente presi dalla frenesia della vita moderna che non hanno a volte il tempo materiale per fermarsi a interloquire e in molti casi non hanno la curiosità di conoscere nuove persone, di scoprirne gli interessi, i pensieri le loro storie. 

Ho avuto modo di parlare con diverse persone, di diverse fasce d'età e posso assicurarvi che tutte avevano una gran voglia di essere ascoltati, di raccontare le varie peripezie delle loro vite e di mostrare le proprie passioni e quando hanno capito che io ero disposto a dedicare loro del tempo, per ascoltarli, hanno vinto quella iniziale forma di diffidenza cambiando totalmente modo di fare nei miei confronti.

Ci sono state persone che hanno deciso di aiutarmi nella ricerca di quelle informazioni che cerco costantemente e lo hanno fatto lasciando le attività a cui si stavano dedicando, uscendo allo scoperto dalle loro abitazioni nonostante il freddo e la paura di avere  a che fare con uno sconosciuto che gli aveva suonato al campanello. Altri hanno fatto delle telefonate in mia presenza per aiutarmi e in alcuni casi mi hanno addirittura fatto entrare nelle loro abitazioni per offrirmi un caffè caldo. Questi sono solo alcuni esempi che dimostrano che se è vero che oggi c'è molta diffidenza e apparente apatia altrettanto vero è che le persone se prese con cortesia ed educazione quasi sempre rispondono con le medesime caratteristiche.

Con questo articolo quindi ci tenevo a far capire che molte volte pensiamo di dover cercare qualcosa lontano da dove viviamo e trascorriamo le nostre vite eppure se cambiamo il nostro modo di porci e affrontare la realtà riusciremo a trovarle vicine a noi, sotto il nostro naso.

Non abbiate paura di chiedere, di relazionarvi con gli altri perché si possono davvero imparare tante cose anche da una semplice chiacchierata nata da un saluto o una battuta. Interpellate e fate domande curiose soprattutto agli anziani, sono dei recipienti ricolmi di esperienza e conoscenza, che aspettano solo di poter raccontare a qualcuno la loro storia, i loro interessi e quello che la vita gli ha insegnato. Sono molto spesso soli e lasciati nell'indifferenza eppure possono dare ancora tanto a questo mondo, a noi giovani, a tutti.

L'esperienza in Giappone mi ha fatto conoscere un popolo veramente educato e gentile che sotto alcuni aspetti può solo che insegnare a noi italiani a vivere meglio ma ho anche scoperto alcune problematiche che come in ogni luogo sulla terra non mancano. Tornato in Italia in questo anno di tempo ho però avuto modo di riscoprire, attraverso il lavoro, qualcosa che è sempre stato a portata di mano ma che non ero stato in grado di cogliere prima, anche e soprattutto per colpa mia.

Credo che non esista un paradiso terrestre, quel luogo che tutti almeno una volta nella vita abbiamo sognato o sogneremo possa esistere, dove tutto funziona a meraviglia e dove si possono trovare solo aspetti positivi. Credo che "tutto il mondo è paese" ovvero che in ogni parte del mondo ci sono dei problemi, dei difetti legati all'essere umano e che quindi lamentarsi serve a poco.

Sicuramente più utile è cercare di cambiare le cose. E la prima cosa che dobbiamo cambiare siamo noi stessi: il nostro modo di vedere le cose, il nostro modo di porci, il nostro modo di pensare, IL NOSTRO MODO DI VIVERE.

Alla prossima.



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