Passa ai contenuti principali

UNA LEZIONE DI VITA

UNA LEZIONE DI VITA






Buonasera lettori, è con grande dolore e lacrime agli occhi che mi appresto a scrivere di una grande lezione che la vita mi ha riservato per il giorno 6 marzo nel quale, oltre alla febbre e l'ansia per la situazione che stiamo vivendo, ho potuto capire quanto sia importante ogni nostra azione nei confronti del mondo.

Con questo scritto credo di voler dare una giustificazione e un senso a quanto ho deciso di fare, e di cui in parte provo sensi di colpa, con l'intento di condividere una importante consapevolezza che ho maturato.
Da circa un mese e mezzo io e la mia compagna avevamo deciso di adottare una femmina di Calopsite, una simpatica pappagallina con origini australiane, che era diventata "di troppo" in una famiglia nelle cerchie delle nostre conoscenze. 
Non avremmo mai voluto prendere un volatile in quanto contrari alle costrizioni nei confronti di una delle specie animali che maggiormente incarnano il concetto di libertà. 
Abbiamo deciso di prendere diverse posizioni nei confronti della lotta alla sofferenza degli animali partendo dal nostro modo di alimentarci e nonostante siamo consapevoli del fatto che le nostre scelte non possono da sole cambiare il mondo, crediamo che ogni "goccia nell'oceano possa renderlo diverso". 
Nell'arco temporale che ci ha condotti fino a quel giorno abbiamo cercato in tutti i modi di  conquistare la fiducia di questa meravigliosa creatura. La nostra Bohème, così avevamo deciso di chiamarla dopo una chiacchierata con dei vicini, che ci hanno parlato dell'Opera di Giacomo Puccini, essendo loro genitori di un cantante lirico. 
In un mese e mezzo la piccola si è ripresa, è diventata più bella e ha ricominciato a cantare. L'unica cosa che ancora non siamo riusciti a fare è avvicinarla senza che lei spalancando il becco ci soffiasse.
Provando, per i motivi spiegati precedentemente, un senso di pena nei confronti di un animale che da diversi anni viveva in una piccola gabbietta senza neanche potersi sgranchire le ali comodamente ci siamo detti fin dall'inizio che se non fossimo riusciti a farla abituare a uscire per girare liberamente per casa, sarebbe arrivato il giorno che avremmo preso la decisione di aprire le porticine della gabbia per liberarla. 
Abbiamo provato diverse volte a lasciare per diverse ore la gabbia aperta ma niente, lei impaurita da il mondo che c'era al di fuori di quelle sbarre, che conosceva bene quanto le sue piume che puliva una ad una, non voleva saperne di uscire. 
L'unica volta che è uscita è perché io posizionando le mani intorno alla gabbia, l'ho quasi obbligata ad uscire e lei trovata la via di uscita si è fatta una breve svolazzata per la sala e la cucina sbattendo a destra e a manca prima di essere acciuffata dalla mia compagna che non senza conseguenze è riuscita a rimetterla in gabbia per tranquillizzarla ed evitare che si facesse male. 
Infatti la piumata le ha lasciato un bel ricordino sul dito di una mano che le ha morso bucandole in parte l'unghia. Un bel dolore. 
Dopo questo episodio le porte della gabbietta abbiamo cercato di lasciarle sempre aperte quando la posizionavamo in casa ma invano. Con l'arrivo delle temperature più miti abbiamo, nelle ore più calde, iniziato a posizionarla all'esterno dove veniva baciata dal sole per molte ore al giorno, dove viveva in compagnia della nostra curiosa cagnolona e dove poteva vedere tanti altri suoi simili svolazzare per il cielo e aggirarsi per il giardino in cerca di cibo.
Qui è iniziata una metamorfosi. La piccola ha iniziato a cantare sempre di più fino ad arrivare in queste ultime due settimane ad agitarsi tantissimo, urlando a squarciagola continuamente e iniziando a farci capire che era sofferente.. L'abbiamo osservata a lungo e lei sembrava sempre più chiederci qualcosa.
In casa non faceva così mentre all'esterno si scatenava quasi come un uomo che chiuso dentro una gabbia inizia a dimenarsi per cercare di uscire. Voleva essere libera, voleva finalmente poter volare nel cielo, e lei poteva farlo, ne avevamo avuto dimostrazione in occasione della sua svolazzata tra le mura di casa. 
Molti uccelli che vengono tenuti in cattività subiscono il taglio delle penne remiganti per limitarne la capacità di volo ma questo non era il caso della nostra Bohème e quel giorno lo abbiamo potuto constatare. 
Abbiamo deciso di aprire le porte della gabbia in una giornata di sole tiepido dopo che per l'ennesima volta la pappagallina ha catturato la nostra attenzione con dei fischi molto forti simili ad una richiesta di aiuto e dopo averla vista arrampicarsi per tutta la gabbia in modo frenetico e quasi isterico. 
Per circa un quarto d'ora Bohème è rimasta indifferente alle porte aperte che le si erano spalancate davanti. Poi all'improvviso ha trovato il coraggio di uscire, ha vinto le sue paure, ha deciso di lasciare quella gabbia che per anni aveva rappresentato il suo mondo, la sua vita. 
Dopo aver sbattuto contro il vetro della finestra davanti alla quale avevamo posto la gabbia, ha trovato la via per superare il nostro giardino e dirigersi verso il cielo. Siamo subito corsi fuori per seguirla con lo sguardo e per verificare che non si andasse a mettere tra le grinfie dei gatti che girano sul tetto di casa nostra.
Dopo aver raggiunto il piazzale dove parcheggiamo le macchine abbiamo alzato lo sguardo e aiutati nell'identificarla dal suo canto di gioia, l'abbiamo vista. Era lassù nel cielo e volava in tutte le direzioni cantando a squarciagola la sua euforia. Subito si è avvicinata ad altri uccellini che in quel momento condividevano con lei quella libertà che per loro era la normalità e che per lei invece era una novità assoluta. 
Vi garantisco che la commozione che ha colto me e in particolare la mia compagna non è possibile spiegarla a parole. Ricorderemo per sempre quel momento e quell'emozione fortissima scaturita dalla voglia di vivere finalmente espressa da un essere vivente che fino a quel momento non aveva fatto altro che sopravvivere. 
Purtroppo però la situazione è cambiata nel giro di pochi istanti. Saliti sul terrazzo della nostra mansarda per avere una migliore visuale sulla zona abbiamo per qualche minuto seguito con lo sguardo il girovagare della pappagallina che si è spinta in lontananza ma poi è tornata in zona. 
L'emozione continuava e la voglia di vederla volare e cantare dalla gioia ci ha spinti a seguire i suoi movimenti fino a un evento al quale avrei preferito non assistere. 
Bohème si era spinta verso una zona boschiva che si trova dietro la nostra abitazione a qualche centinaia di metri salendo verso la montagna. Ho iniziato a faticare a tenerla d'occhio in quanto il suo colore si mimetizzava con i colori della montagna secca per via del periodo di siccità che ha caratterizzato gli ultimi mesi la zona dove viviamo. 
d un certo punto la persi di vista e l'unica cosa che mi faceva capire dove si trovasse indicativamente era il suo forte canto. Quello stesso forte canto che l'ha esposta a un pericolo nascosto che probabilmente era già da minuti stato incuriosito dal canto particolare della, finalmente libera, creatura.
Pochi istanti dopo, la scena che non avrei voluto mai e poi mai vedere. I miei occhi caddero su un volatile più grosso degli altri che mi sembrava tenesse con le zampe un altro uccello più piccolo. Mentre guardavo questa scena attonito, il rapace si dirigeva verso terra e sia io che la mia compagna udimmo un suono che si presentò come una conferma dell'assurda scena a cui stavo assistendo. Il suono era quello impaurito e disperato che avevamo già sentito in occasione della cattura di Bohème nel salotto di casa nostra. Dopo quel suono più nulla, silenzio, tristezza e sensi di colpa. 

Qualche giorno dopo la mamma della mia compagna che ci è venuta a trovare ci ha detto di aver visto la nostra pappagallina sul tetto di una casa qui nelle vicinanze in compagnia di altri uccellini.. Questa notizia ci ha sollevati e ci ha dato ancora qualche speranza dopo alcuni giorni veramente pieni di lacrime e nei quali ci siamo davvero chiesti quanto potessimo aver sbagliato e quanto bene o male avessimo fatto alla piccola. 
Sono perfettamente consapevole del fatto che il gesto di liberare un animale cresciuto in cattività e che non ha avuto la natura come insegnante di vita sia di per sé irresponsabile e imprudente. Ho ignorato i consigli e gli avvertimenti di più persone che mi avevano detto che liberare un animale cresciuto in una gabbia sarebbe durato poco. Io di questo ero e sono consapevole. Oltre a questo probabilmente ho sbagliato anche dal punto di vista legale in quanto non si può liberare sul suolo italiano specie animali non autoctone. Ho sicuramente sbagliato sotto molti o forse tutti i punti di vista e son sicuro che la maggior parte delle persone penserà questo.
Voglio però condividere con voi la consapevolezza ancora più forte che questa esperienza mi ha fatto maturare. 

Gli animali sono nostri fratelli in questo mondo, li abbiamo da sempre sfruttati e utilizzati per rendere la nostra vita più comoda, più felice e anche per garantirci la sopravvivenza. Trovo che però sia sbagliato pensare che gli animali siano un nostro possesso. Quanti animali condanniamo a una non-vita chiusi in piccole gabbie o in piccole vasche di vetro senza la minima libertà di vivere e procurandogli più sofferenze che altro solo per soddisfare dei nostri capricci?! 
Se c'è una cosa che ho capito ancor di più dopo il passaggio di Bohème nella mia vita è che non contribuirò più allo sfruttamento di animali allevati e venduti per scopi di qualsiasi genere e spero che sempre più persone prenderanno questo tipo di decisione. 

Vi lascio una frase di una tribù di indiani d'America che secondo può aiutarci a riflettere:

"Noi abbiamo rispetto per gli animali.
Non li teniamo in gabbia o li torturiamo,
poiché sappiamo che gli animali provengono
da Tempo Lontano.
Sappiamo che gli animali hanno uno spirito
-solitamente umano-
e sappiamo tutte le cose che fanno.
Non sono solo animali,
sono molto più di questo".

Tribù Koyukon e Ingalik
Indiani del Nord America

Non so se sei ancora viva oppure no, ma la voglia che avevi di vivere mi fa pensare che tu sia ancora tra noi e finalmente libera di vivere la vita che madre natura aveva pensato per te. Sappi che ci manchi e che abbiamo fatto questa scelta perché volevamo che tu fossi felice.

Addio o arrivederci Bohème sarai sempre nei nostri cuori.

A. & I.

Commenti

Post popolari in questo blog

LE ARMI DEL KOBUDO E LE LORO ORIGINI

LE ARMI DEL KOBUDO E LE LORO ORIGINI ANALISI STORICO-TECNICA Gentili lettori ben ritrovati, oggi voglio rendere pubblico un lavoro che da tempo mi prefiggevo di realizzare e condividere, finalmente dopo diversi sforzi sto per presentarvelo. Questo articolo racconterà agli appassionati di arti marziali le origini storiche e le caratteristiche tecniche-specifiche delle diverse armi bianche che vengono utilizzate nel kobudo, l'antica arte marziale nata sull'isola di Okinawa. Molte leggende vengono raccontate su questo tema e con questo scritto desidero far conoscere il frutto del lavoro di una persona che ha dedicato anni di studi e ricerche sulla storia delle arti marziali native dell'arcipelago delle Ryukyu. Sto parlando di Christian Faurillon, un praticante di arti marziali francese che ha parecchi anni di esperienze alle spalle sia nel judo che nel karate oltre che nel kobudo. Se volete scoprire qualcosa in più su di lui vi invito a visitare il suo blog . Io

CHI CERCA TROVA: LA RICERCA DI QUALCOSA CHE ABBIAMO MA NON SAPPIAMO VEDERE.

CHI CERCA TROVA: LA RICERCA DI QUALCOSA CHE ABBIAMO MA NON SAPPIAMO VEDERE. L'esperienza seppur breve di un aspirante consulente immobiliare. Con un titolo così particolare immagino che molte delle persone che si appresteranno a leggere questo articolo rimarranno non poco disorientate e quindi desidero fungere da "navigatore" e rimetterli in carreggiata procedendo a fare una breve introduzione che illustrerà quello che voglio trasmettere attraverso questo scritto. Da gennaio ho intrapreso una nuova carriera lavorativa che mi ha permesso in poco tempo di notare giorno dopo giorno alcune sfaccettature dell'essere umano. Occupandomi di quella che è la ricerca di immobili sul territorio che mi è stato assegnato, il mio principale "compito" quotidiano è quello di parlare con le persone. Ebbene si può sembrare strano per chi svolge lavori più "pratici" e concreti eppure il lavoro del venditore di case non potrebbe esistere senza la ricerca d