IL "RAPPORTO" TRA IL KARATE E LA FIGURA DEL SAMURAI
Con questo articolo intendo offrire qualche chiarimento in merito ad un argomento che ritengo importante per la pratica del karate, arte marziale, che pratico da qualche anno. Quello che scriverò è frutto di mie personali ricerche che hanno sicuramente avuto un'influenza sull'interpretazione che ho maturato su quest'arte. Durante questi anni ho avuto modo di praticare con diversi maestri e persone che come me stanno percorrendo questa via nel percorso che è la vita. Purtroppo troppe volte ho sentito associare il karate alla figura del samurai e nelle righe che seguono intendo chiarire, in parte, il rapporto tra i guerrieri del Giappone feudale e l'arte marziale nata ad Okinawa.
Proprio da Okinawa desidero partire facendo una piccola, ma a mio avviso importante, precisazione. L'isola dell'arcipelago delle Ryukyu oggi fa parte del Giappone ma in passato faceva parte di un regno a se stante. Questo fatto ha molta importanza se si considera che la cultura di Okinawa si è caratterizzata nel tempo grazie alle diverse culture che entrarono in contatto con quella autoctona dell'isola. Spiccano tra le culture che più hanno influenzato quella okinawense, quella cinese e quella giapponese. Detto questo penso che possa ancor più chiarire la situazione il fatto che l'isola di Okinawa, a differenza del Giappone continentale, non ebbe grandi conflitti bellici prima della seconda guerra mondiale quando fu invasa dall'esercito americano e come risultato quasi completamente distrutta. Unica guerra di rilievo prima di questa fu la guerra con la quale il regno delle Ryukyu venne unificato visto che prima era diviso in tre regni distinti. Questo periodo è chiamato Sanzan-jidai e durò dal 1322 fino al 1429. Dopo questa unificazione dei regni Chuzan, Hokuzan e Nanzan, in un unico, vi fu un lungo periodo di pace. Risaputo invece è che nel Giappone feudale vi furono frequenti scontri e cruente guerre tra i vari eserciti per quasi mille anni. Nel contesto giapponese di quel periodo dunque la figura del samurai aveva un ruolo di primaria importanza in quanto erano proprio queste persone addestrate all'arte della guerra a scendere sui campi di battaglia. Interessante aneddoto ci viene fornito da un francese conosciuto in tutto il mondo: Napoleone Bonaparte. Egli udendo che vi era un popolo (quello di Okinawa) che non possedeva armi, rimase sorpreso di venire a conoscenza di un luogo al mondo dove le persone non erano interessate alla guerra. Ad Okinawa vi erano delle figure in parte simili ai samurai, che venivano chiamati peichin ed erano guerrieri che si occupavano della difesa del re e di tutte le persone che vivevano nella corte e nei dintorni del castello di Shuri ma non solo, infatti vi erano diversi gradi tra i peichin e quelli di più basso grado vivevano anche a Tomari e Naha. I più alti di grado invece, che vivevano a stretto contatto con le figure più elevate della società potevano girare armati di spada nonostante il divieto vigente sull'isola che ne vietava il possesso. Oltre alla difesa questi individui si occupavano di diverse attività amministrative e venivano anche spediti in Cina e Giappone come parte di alcune delegazioni con lo scopo di mantenere buoni rapporti con quelle nazioni. Sia il grado di peichin che quello di samurai erano ereditari ma a differenza dei samurai i peichin per ricevere il titolo di "bushi" (guerriero) dovevano meritarselo con imprese ed azioni di una certa levatura. Il samurai invece ereditava il titolo di "bushi" insieme a quello di samurai. Possiamo dire che erano la versione okinawense dei samurai giapponesi anche se in realtà a differenza loro, basandosi sullo stile di vita sicuramente più pacifico tipica della cultura isolana, non si macchiarono di crimini ed azioni poco nobili cosa che invece riguardò e caratterizzò molti dei così tanto venerati guerrieri con la katana che in nome della fedeltà ai propri signori eseguivano qualsiasi ordine a qualsiasi costo e purtroppo questi ordini non sempre erano molto etici. Questo non significa che i peichin non sapessero uccidere e non lo fecero mai ma sicuramente l'arte bellica che studiavano comprendeva, oltre alle tecniche che potevano togliere la vita in caso ve ne fosse stata necessità, una serie di pratiche che potevano mettere chi si difendeva in posizione vantaggiosa rendendo inerme l'attaccante. Quest'arte marziale che era praticata dai guerrieri di Okinawa era il "te" (o ti) ovvero il progenitore del karate. I samurai giapponesi seguivano un codice d'onore e addestramento che si chiamava bushido che, in modo simile al codice cavalleresco vissuto dai cavalieri europei, divenne famoso in seguito e forse in parte romanzato. Più concreta era la pratica del bujutsu, ovvero l'arte della guerra armata e non, tipica della classe militare giapponese che si divideva in diversi stili. Molto spesso il bujutsu viene associato a tutte le arti marziali di origine giapponese, karate compreso. Il bujutsu una volta arrivato ad Okinawa, quando i samurai giapponesi del clan Satsuma invasero l'isola nel 1609, iniziò un lungo cammino di influenza nei confronti delle arti marziali dell'isola. Negli anni, in parte, alcuni principi e caratteristiche del bujutsu si sono amalgamati nel karate e lo hanno fatto sviluppare, sopratutto dopo che il termine fu sostituito con il termine budo. Il budo a differenza del bujutsu è visto come un modo di vivere la vita e migliorare come individuo attraverso la pratica marziale, rappresenta dunque una via (do) più etica e morale piuttosto che fisica come quella del bujutsu basata sull'apprendimento di strategie ed abilità che rendevano il guerriero in grado di vincere il nemico in battaglia, difendersi dagli aggressori ma lo rendevano anche in grado di offrirsi ai signori grazie alle sue capacità. Un esempio concreto di influenza avuto dai samurai giapponesi e dal loro bujutsu, sulla pratica del karate ci è rappresentato da una delle più caratteristiche pratiche di quest'arte marziale: l'utilizzo del makiwara. Una pratica molto singolare che contraddistingueva l'allenamento nel Jigen-ryu (scuola di kenjutsu) dei samurai del clan Satsuma prevedeva di colpire innumerevoli volte un fascio di legni oppure un unico legno più grosso con la loro spada. Questa pratica a detta di alcuni ricercatori rappresenta una possibile fonte di ispirazione che influenzò le arti marziali di Okinawa. L'utilizzo del makiwara ha delle somiglianze con la pratica dei Satsuma e non a caso uno dei padri dell'arte che in seguito prese il nome di karate-do, Sokon Matsumura si allenò a Satsuma nel kenjutsu di quella scuola.
Il connubio tra karate e budo si incrementò esponenzialmente quanto ques'arte marziale raggiunse il continente giapponese grazie a maestri come Gichin Funakoshi, Choki Motobu e Kenwa Mabuni che lavorarono e si impegnarono per divulgare l'arte del loro paese di origine. In Giappone il karate dovette adattarsi alle norme del budo giapponese e qui iniziarono una serie di cambiamenti che in parte modificarono la disciplina "originale" e darono il via ad alcuni malintesi e false informazioni che sono giunte e purtroppo continueranno a giungere anche in futuro a chi si avvicinerà alla via della mano vuota a meno che si inizino a dire le cose come stanno realmente.
Concludendo, il karate rispecchia (o dovrebbe rispecchiare) l'anima degli abitanti di Okinawa che è fatta di semplicità, cordialità e pacificità. Dove viene insegnato che il karate è stato inventato dai samurai oppure dove viene detto che nel karate così come per i samurai bisognava imparare ad uccidere con un sol colpo, ricordate che quando il karate raggiunse il Giappone i samurai non esistevano più da diversi anni e quando invece diversi anni prima i samurai raggiunsero l'isola dei centenari il karate nella sua forma ancestrale esisteva già ed era praticato dalle guardie del regno. Inoltre a volte certe frasi orientali riguardano più la sfera mentale che quella fisica, quindi quando veniva detto ad esempio che bisognava allenare braccia e gambe fino a farle essere come lance e spade è sicuramente più un invito alla costanza ed al duro allenamento che forgia lo spirito e lo stato mentale piuttosto che l'idea di avere al posto di una mano una spada con cui uccidere qualcuno, anche se sicuramente una mano allenata nel modo giusto può rappresentare un'arma micidiale. Come detto prima infatti sicuramente anche il karate può portare alla morte per via di un solo colpo ma questo non deve essere la norma, anzi l'obiettivo del karate è quello di difendersi evitando lo scontro sempre ma se le circostanze non consentono altra soluzione allo scontro allora un praticante di karate prima di tutto cercherà di rendere l'avversario in una situazione di svantaggio fino a renderlo il meno pericoloso possibile. La differenza in questo caso con il samurai sta nel fatto che quest'ultimo in battaglia doveva uccidere e farlo nel minor tempo possibile se non voleva essere ucciso lui. Da una parte abbiamo la necessita di uccidere per non essere uccisi dall'altra abbiamo la difesa intesa come capacità di proteggersi e proteggere in casi estremi in cui non vi sia altra scelta. A mio modo di vedere le cose vi è una differenza non da poco tra i due modi di vivere l'arte marziale.
A livello di codice sicuramente il bushido, ovvero la condotta, la morale e lo stile di vita di un guerriero ha dei valori ed alcuni punti in comune con il codice che seguivano anche le guardie okinawensi e che caratterizzano le arti marziali di quell'isola ed in generale tutte le arti marziali mondiali ma questo non significa che il karate ed i samurai vadano a braccetto.
Nel tempo quest'arte marziale è sicuramente cambiata e probabilmente non smetterà mai di cambiare sotto l'influenza delle diverse culture però è importante conoscerne le origini e praticarla ed insegnarla con anima e corpo in armonia con lo spirito di Okinawa evitando di insegnare cose che poco hanno a che fare con la realtà storica.
Peichin |
Samurai |
Sperando di aver portato un pizzico di chiarezza in più su questo tema vi invito a non esitare, in caso possediate delle diverse informazioni, a segnalarmi possibili errori o punti di vista differenti perché credo che la verità non sempre è unica e so quanto sia difficile da scoprire sopratutto su argomenti sui quali non è stato lasciato molto materiale in eredità e quindi sono aperto alla conoscenza e a mettere in discussione quanto ho fino ad oggi scoperto.
Al prossimo articolo,
Buona vita
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